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Sostenitori e oppositori

delle rivoluzioni



Il processo che sto analizzando si rivolge ad un largo numero di uomini e vede come principali sostenitrici le classi sociali meno abbienti. Lavoratori salariati, poveri e "proletari", come scrive Marx, ma anche medio-bassa borghesia. Questo tipo di persone non gode di molta libertà, anzi si ritrova asservito alla classe dirigente, generalmente sfruttatrice ed esosa. Si ricordi il Factory Act (1833) che vietava l'impiego di minori per più di 48 ore lavorative alla settimana oppure il Ten Hours Act (1847) il quale, come dice il nome, sanciva il limite di 10 ore di lavoro al giorno. Rispetto ad oggi, le condizioni di lavoro del diciannovesimo secolo rimangono brutali, tuttavia, tali Atti, sono stati il frutto di una lotta per migliorare le condizioni degli operai e per tutelarne l'attività produttiva e anche la salute. Anche la storia di Roma, della Roma repubblicana, è stata una continua lotta per l'affermazione dei diritti dei Plebei. Un passo importante si è avuto nel terzo secolo a.C. con il primo plebiscito, mentre l'azione più "rivoluzionaria" è stata probabilmente la secessione sull'Aventino. Però, perché la povertà diventasse rivoluzionaria era necessaria una convinzione moderna, sconosciuta nell'antichità, e cioè che la miseria non era intrinseca alla natura umana ma poteva essere superata. Era necessario che fosse superata l'idea che la subordinazione e le differenti condizioni materiali degli uomini fossero un fatto naturale. Mi sto riferendo alla struttura sociale medioevale, chiaramente enunciata nel "Carmen ad Robertum regem" di Adalberone di Laon. La società era suddivisa in 3 "classi": Oratores, Bellatores, Laboratores. La stessa idea ispirata al "De Republica" di Platone. Quindi una struttura rigida che non ammetteva cambiamenti perché, nel medioevo, sarebbero stati oltraggiosi nei confronti del volere divino. L'evoluzione della società ha portato a confrontarsi Lavoratori e "Proprietari dei mezzi di produzione". Sono proprio questi ultimi, tra i quali rientrano gli aristocratici, che rappresentano le forze controrivoluzionarie. Queste forze si oppongono, molto spesso violentemente e quindi esasperando la situazione, perché temono di perdere il loro potere e la loro ricchezza. La paura di essere spodestata porta la classe nobiliare a ricorrere a ogni mezzo per conservare il proprio status. In molti casi, il mezzo più usato è il terrore, attraverso il quale i seguaci dei moti cercano di difendere un'ideale da una inesorabile degenerazione. Per realizzare un bene, molti sono disposti a ricorrere ad ogni mezzo, compreso il sacrificio di innocenti. E' questo il primo passo, all'apparenza romantico e nobile, verso una spirale autodistruttiva. Un'idealizzazione eccessiva del processo storico che conduce al sospetto del prossimo perché non fedele alla rivoluzione. Il sospetto è stato combattuto con l'eliminazione fisica degli indiziati; troviamo perciò una stretta somiglianza nell'ostracismo greco in quanto corrotto da un uso improprio. Da tentativo di preservare l'integrità della polis fino all'esilio di personaggi scomodi. I confronti più immediati sono con i "nemici della rivoluzione" russi. Nonostante la legittimità di partenza, una ristretta cerchia di persone, dotate di potere, può manipolare a proprio vantaggio un ideale condivisibile dalla maggioranza.

 

Realizzato da Francesco Airaghi

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